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Mill, John Stuart.

Filosofo ed economista inglese. Figlio di James, venne da questi introdotto nell'ambiente dei filosofi radicali inglesi (Bentham, Ricardo, Smith), che studiò approfonditamente e che avrebbero costituito anche in seguito un punto di riferimento nell'elaborazione delle sue dottrine. Esordì collaborando alle riviste "Traveller", "Edinburgh Review", "Examiner" e "Westminster Review" (della quale fu direttore dal 1835 al 1840). Entrato come impiegato nella Compagnia delle Indie, la lasciò nel 1858 per ritirarsi ad Avignone e per dedicarsi, oltre agli studi, all'attività politica in qualità di membro della Camera dei Comuni (1866-68). Dotato di una solida e vasta cultura, M. si occupò di etica, logica, economia e politica; la sua attività si rivelò feconda e multiforme, sia nell'ambito della ricerca filosofica che in quella degli studi politici, sociali ed economici. Sostenitore di un empirismo rigoroso che, pur ispirato alle teorie di Hume, non giunse mai alle conclusioni di scetticismo di questi, M. insisté sul carattere induttivo della logica (in particolare nell'opera Sistema di logica deduttiva e induttiva, 1843): ogni proposizione trova il proprio fondamento unicamente nell'esperienza e solo un processo di assolutizzazione dell'esperienza consente la formazione di assiomi e di leggi generali. Tale generalizzazione è possibile mantenendo come presupposto il carattere uniforme e costante della natura; ciò permette di organizzare le esperienze in serie continue e complesse, suscettibili di analisi, e quindi di fare previsioni ragionevoli fondate sull'osservazione di quanto è già accaduto. In campo più propriamente gnoseologico, M. concepì la materia come fonte e possibilità permanente di sensazioni. Seguace anche in questo caso dell'empirismo di Hume, M. ampliò tuttavia il complesso delle sensazioni fino ad includervi anche quelle possibili, nel tentativo di superare alcune difficoltà generate dal fenomenismo delle teorie humiane, in particolare quella di un'esistenza autonoma degli oggetti anche al di là della nostra effettiva percezione. In economia M. fu convinto assertore di un liberismo moderato, contraddistinto dalla conciliazione di proprietà privata, libera produzione e giustizia distributiva, nella convinzione che mentre i fenomeni relativi alla produzione sono fenomeni naturali e rispondono a leggi immutabili, quelli relativi alla distribuzione sono fenomeni storici e sono quindi soggetti all'intervento umano. Pur partendo dalle dottrine di Ricardo e Bentham, egli fu profondamente influenzato dalle teorie di Malthus, del Positivismo (Comte) e per qualche aspetto anche del Socialismo utopistico francese (Fourier, Saint-Simon, Proudhon, ecc.); tuttavia egli non aderì mai al Socialismo, che anzi avversò in quanto non rispettoso delle libertà individuali, e al quale preferì una politica di riforme istituzionali. Nell'opera Principi di economia politica (1848), che resta il suo scritto più importante, M. riprese in un'organica sistemazione i principi dell'economia classica e ne operò un'efficace sintesi, sottolineando in particolare le connessioni che legano fra loro i diversi fenomeni sociali ed unendo sempre alle riflessioni di carattere generale un diretto riferimento alla realtà concreta. All'utilitarismo benthamiano, fondato unicamente sulla quantità di piacere prodotto, M. sostituì una concezione basata su una differenziazione di tipo qualitativo, per la quale il bene coincide con la massima felicità del maggior numero di persone: secondo M. le scelte individuali sono determinate anche dalla considerazione del bene dell'umanità, considerazione che si fa sempre più determinante nelle scelte del singolo con il progredire della civiltà (L'utilitarismo, 1861). Ai risultati delle sue riflessioni M. ispirò con coerenza il proprio impegno politico: auspicò il rispetto sia delle esigenze nazionali che di quelle locali nell'organizzazione del potere politico, fu promotore di un'applicazione radicale dei principi di libertà, sostenne la democrazia come la migliore forma di governo, si batté per la difesa dei diritti individuali e difese il parlamentarismo, auspicò una correzione del sistema basato sulla proprietà privata allo scopo di evitare ingiustizie sociali. Inoltre M. fu accanito sostenitore della concessione del suffragio femminile, che propugnò anche nello scritto La servitù delle donne (1869), e della causa irlandese. Fra le opere di M. si ricordano, oltre alle già citate: Sistema della logica (1843), Saggio sulle questioni irrisolte di economia politica (1844), La libertà (1854), Il governo rappresentativo (1860), A. Comte e il positivismo (1865), Esame della filosofia di sir W. Hamilton (1865), Tre saggi sulla religione (1874, postumo). Opera interessante in quanto ricostruisce l'itinerario di formazione umana, culturale e filosofica di M. è infine la sua Autobiografia (1873, 2 voll.) (Londra 1806 - Avignone 1873).